La vita e’ li’, oltre le pareti domestiche e un pavimento a scacchi. Ai Koreja ‘Due passi sono’ incanta il pubblico

Grande consenso di critica e di pubblico per l’opera di Giuseppe Carullo e Cristina Minasi andata in scena ai Cantieri Teatrali Koreja. La sfida quasi impossibile di accettare il richiamo della vita oltre i muri di casa. Ci vuole coraggio per aprire la porta e fare due passi…

È la magia del teatro Koreja. È come entrare in uno spazio senza confini. Da ogni posto della platea, sembra che, allungando una mano, si possa raggiungere il palco e prendere parte alla rappresentazione.

Sono di scena due artisti messinesi (lui, in realtà, di origine calabrese), due autori/attori che firmano e interpretano un'opera incisiva, intensa, che si avvale della loro complementarietà artistica e la riflette energicamente.

“Due passi sono”, un lavoro in cui la scenografia, la semplicità dei costumi, la presenza degli attori sul palco, già all'entrata del pubblico, sembrano strumenti studiati nel minimo dettaglio per chiamare a raccolta e raccontare una storia piccola, ma universale.

Cri e Pè, da Cristina e Giuseppe, nomi ridotti al minimo, all'essenziale, come lo spazio claustrofobico di una casa, delimitato da un pavimento a scacchi. Su quel bianco e nero, il quotidiano di una coppia e i loro dialoghi, che riecheggiano il teatro dell'assurdo, e sembrano rispecchiare angosce e frustrazioni, paure e ipocondrie, gabbie e costrizioni così comuni alla vita di tutti i giorni.

Eppure in tanta claustrofobia, momenti di sana ironia e persino di poesia, forse e soprattutto in quel desiderio di Pé, il desiderio di 'uscire', di affrontare e conoscere il mondo là fuori, lui che mostra più fiducia nella vita, nel futuro, nell'amore.

Ed è nell'amore il lieto fine della rappresentazione. Ci si può credere o no, ma è in due che Cri e Pè, così piccoli, affrontano una realtà così grande e, scambiandosi delicate promesse, entrano, a modo loro, con un velo da sposa tirato fuori da un cuscino, in quel mondo che è lì, a 'due passi'.

Di Daniela De Salvatore



In questo articolo: