Alla Bua, 25 anni di sangue sui tamburelli e milioni di volti

Al Barrio Verde di Alezio per inaugurare il loro 2017 di concerti nel segno della musica a misura d’uomo e di un amore immenso verso la loro terra. Sono sei ma hanno la grinta di un esercito.

La loro storia inizia nel 1990, hanno inciso 8 album, nel 2002 un loro videoclip era in concorso tra i migliori video musicali italiani al Giffoni Film Festival, hanno contribuito alla colonna sonora di “Pizzicata” con la regia di Edoardo Winspeare, hanno rappresentato la musica etnica salentina alla Georgetown University di Washington DC negli USA e prestato le loro musiche alla Rai eppure se gli si chiede “Qual è la vostra soddisfazione artistica più grande?” rispondono “Essere all’estero e trovare nel pubblico i volti della nostra terra.” .

 Il loro ultimo album è Salenticidio e, come suggerisce il nome, racconta il dissanguamento lento e costante del nostro Salento, emorragia causata dall’inquinamento e dallo sfruttamento irrazionale del suolo, da una gestione della cosa pubblica molto spesso disarticolata e dalla forte emigrazione giovanile.

Gli Alla Bua sono Gigi Toma, Fiore Maggiulli, Irene Toma, Dario Marti, Francesco Coluccia e Michele Calogiuri e pochi giorni fa li abbiamo incontrati ad Alezio e li abbiamo intervistati.

 Come nasce il progetto musicale degli Alla Bua?
(Parla Gigi) Tutto ha avuto inizio nel 1990 quando io e Fiore ci siamo resi conto che la Pizzica è come un virus, o si è portatori o non lo si è. Consapevoli di essere malati di pizzica abbiamo deciso dunque di cercare altri appestati (ride) come noi in giro per le Sagre e per le Feste di Paese. Quando scoprivamo un musicista che covasse il nostro medesimo morbo  aggiungevamo un pezzo al puzzle. 

I vostri brani non sono solo reinterpretazioni dei pezzi classici della pizzica ma introducono anche elementi innovativi, sia nei testi che dal punto di vista strettamente musicale. Come mai?
Deve necessariamente essere così, è una questione di sopravvivenza! Una specie che non si evolve è destinata ad estinguersi e questo vale anche per i generi musicali. Non possiamo pretendere che le canzoni di oggi parlino dei drammi di ieri, ci hanno già pensato le musiche del passato.  La pizzica è oggi.

Insomma, ieri c’erano le tabacchine di Tricase ed oggi ci sono i braccianti agricoli stipati nei ghetti di varie città pugliesi. Parlate anche di realtà urticanti come questa nelle vostre canzoni?
Certo, nei nostri dischi è forte l’elemento di denuncia verso tutte quelle realtà nocive che deturpano la nostra terra, umanamente ed ecologicamente. Proprio in Salenticidio abbiamo molto battuto su di una circostanza: il Salento ha due facce. Da un lato è il paradiso terrestre degli  spot turistici ma dall’altro è il Salento degli Ulivi morti, dell’altissima percentuale di tumori ai polmoni  e dei rifiuti tossici tombati vicino alle falde acquifere. Proprio da queste ferite  dobbiamo ripartire, con la musica e con la cultura. Se vogliamo far guarire questa terra dobbiamo, prima di tutto, ammettere di essere malati.

Dopo 27 anni di carriera artistica che definizione dareste alla Pizzica?
La Pizzica è liberazione. Nel passato ha liberato le donne dall’oppressione di una società maschilista, attraverso il tarantismo. Oggi, nei balli sfrenati delle piazze, libera dalle nevrosi moderne.

I gruppi musicali si aggregano e si sciolgono, a cosa è dovuta la longevità degli Alla Bua?
Ci piace considerare il nostro sodalizio un “Matrimonio a sette persone”. Siamo una famiglia, viviamo come una famiglia ed oltre alla musica ci unisce la scelta di voler vivere un percorso comune.

Fiore, è famoso il tuo tamburello sporco di sangue. Ce ne parli?
Più che sporco mi piace pensare che sia dipinto.  Quei segni del mio sangue disegnano i battiti del mio cuore, mentre suono. Suonare il tamburello è un’esperienza totalizzante, passionale e violenta: in quei momenti la foga è tanta che non mi accorgo delle ferite che mi procuro.

Molto spesso suonate all’estero trovando sempre piazze gremite ed entusiasmo. Sono gli emigrati italiani il vostro bacino di utenza?
Anche ma quando suoniamo fuori dai confini nazionali quello che attira di più è il Ritmo. Un po’ come quando i nostri nonni, negli anni ’60, ascoltavano i Deep Purple pur senza capire l’inglese.

A quando il prossimo Album?
Contiamo di lavorarci dopo la tournèe estiva ma una prima bozza è già in cantiere.

Gli Alla Bua vi danno appuntamento per il 17 Febbraio a Cutrofiano, alla festa di Sant’Antoni Te Le Focare. Per restare aggiornati su tutte le loro date potete seguire la pagina Facebook  ufficiale o visitare il loro sito.

A cura di Armenia Cotardo



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