Truffa ai danni di una senegalese? A processo l’avvocato Francesco D’Agata

La data del processo è stata fissata per il 5 maggio prossimo, innanzi ai giudici della prima sezione collegiale. I legali di D’Agata potrebbero avanzare richiesta di rito alternativo.

Finisce sotto processo l’avvocato Francesco D’Agata, per la presunta truffa ai danni di una donna senegalese, corredata da una falsa sentenza. La Procura leccese ha chiesto ed ottenuto il giudizio immediato nei suoi confronti. Dunque, non ci sarà alcuna udienza preliminare per stabilire se prosciogliere l’imputato. La richiesta è stata avanzata dal sostituto procuratore Massimiliano Carducci e poi avallata dal gip Michele Toriello attraverso apposito decreto.

Stesso discorso per  l’altro avvocato che risponde soltanto delle accuse di indebito utilizzo di carta prepagata e ricettazione. La data del processo è stata fissata per il 5 maggio prossimo, innanzi ai giudici della prima sezione collegiale. I legali di D’Agata, gli avvocati Luigi e Roberto Rella, entro i prossimi 15 giorni potrebbero avanzare richiesta di rito alternativo.

Il 39enne leccese è figlio di Giovanni D’Agata, presidente dello ‘Sportello dei Diritti’, di cui anche lui era un importante referente.

Francesco D’Agata venne arrestato nell’ottobre scorso e poi sospeso per un anno dall’attività forense. Questi risponde delle accuse di truffa aggravata e continuata, falso in atto pubblico e patrocinio infedele aggravato, auto-riciclaggio. Si trova attualmente ai domiciliari, ma il Riesame ha accolto il ricorso del pm che chiedeva il suo ritorno in carcere. Il provvedimento è al momento sospeso e  si attende il ricorso in Cassazione dei suoi legali.

Non è stato facile ricostruire il sistema architettato, di cui D’Agata sarebbe stato il deus ex machina, ma quando i tasselli del puzzle sono stati messi al giusto posto, il quadro è stato chiaro per gli uomini delle fiamme gialle coordinati dal colonnello Francesco Mazzotta. La donna senegalese aveva subito un gravissimo incidente stradale in cui era rimasta sfigurata e si era rivolta a D’Agata per ottenere un risarcimento forte della sua notorietà in difesa dei diritti dei più deboli. E il risarcimento, in effetti, l’avvocato lo aveva ottenuto: più di 600mila euro dal Fondo Vittime della Strada. Di tutti quei soldi, la signora ne ha visti soltanto “la metà della metà” come ha dichiarato Motta. Il legale, infatti, falsificando una sentenza del Tribunale di Trieste, competente a liquidare il risarcimento, aveva convinto la senegalese di aver ottenuto “appena” 300mila euro, di cui l’avvocato ne avrebbe trattenuti circa140mila, liquidando alla donna di fatto 160mila euro. Gli altri – transitati su un conto intestato alla straniera –  D’Agata li avrebbe utilizzati sia per sfizi personali come l’abbonamento in uno stabilimento balneare, ma anche per pagare gli stipendi dei suoi collaboratori.

L’inchiesta sarebbe nata da un IBAN “sospetto” su cui una donna originaria di Torino – che aveva fatto ricorso in Cassazione in realtà mai depositato- aveva versato 4mila euro (era intestato alla signora senegalese, vittima inconsapevole della maxi-truffa organizzata da D’Agata). In merito a questo episodio, risultano indagati per concorso in  ‘infedele patrocinio” e “truffa aggravata” anche altri due avvocati.



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