Traffico di droga sull’asse Italia-Albania, la Procura invoca oltre 50 anni di carcere nel processo ‘Genesi’

È questa la richiesta del Pubblico Ministero Guglielmo Cataldi per i 12 imputati nel corso del processo. Questi rispondono a vario titolo ed in diversa misura, tra gli altri, dei reati di traffico di stupefacenti, detenzione e porto di armi da fuoco.

La Procura di Lecce chiede oltre 50 anni di carcere per i dodici imputati del processo "Genesi", su di un grosso traffico di droga sull'asse Italia-Albania.
  
Nello specifico, il pubblico ministero Guglielmo Cataldi ha invocato: 9 anni per Antonio Leo, 38enne fratello di Andrea (ritenuto dagli inquirenti a capo del clan Vernel); 8 anni per Pasquale Giannone, 33enne originario di Borgagne; 7 anni per Albino Volpe, 58enne originario di Martina Franca ma residente a Borgagne; 6 anni per Gregorio Leo, 52enne di Vernole; 4 anni e 6 mesi per Bastri Caushaj, 55enne albanese residente a Merine; 4 anni per Dorjan Pashaj, 32enne di Durazzo ; 3 anni per Leonidha Lapaj, 38enne originario di Valona e Romarjo Demaj, 19 anni, originario di Valona; 2 anni e 6 mesi per Alessio Mero, 24 anni di Vernole; 1 anno e 6 mesi per Antonio Pasquale Brigante, 33 anni di Borgagne; 1 anno e 5 mesi  per Filippo Costanzo, 61enne di Corsano; 1 anno per Shkelzen Pronjaj, 32 anni di Valona. La sentenza del gup Simona Panzera è prevista per il prossimo 23 marzo.
  
Gli imputati rispondono a vario titolo ed in diversa misura dei reati di: traffico di stupefacenti, detenzione e porto d'armi da fuoco, tentata estorsione, tentata rapina.
  
Sono assistiti dagli avvocati Pantaleo Cannoletta, Giuseppe De Luca, Stefano Prontera, Elvia Belmonte, Maurizio Scardia, Andrea Starace, Tommasso Stefanizzo, Gabriele Valentini, Pietro Ripa, Luciano De Francesco, Donata Perrone, Simone Ciardo, .
  
Il primo marzo 2016,  i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Lecce hanno eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere e tratto in arresto altri due soggetti colti in flagranza di reato con 65 kg di marijuana. E non è tutto. Le indagini avrebbero inoltre consentito di accertare la "vicinanza" di alcuni di essi al clan mafioso "Vernel" – operativo in agro di Vernole e Melendugno – quale "costola" appartenente alla Sacra Corona Unita. Emersero, in particolare, forti tensioni con l'attuale reggente del clan, legate al mancato pagamento di una fornitura di stupefacente, sfociate poi nel veto imposto dal boss di trafficare nell'area d'influenza della compagine mafiosa. In tale contesto venivano riscontrate gravi minacce rivolte dal capo clan nei confronti dei consociati, ostentando il possesso di armi da fuoco. Occasione che avrebbe determinato gli imputati ad armarsi – a loro volta – di un fucile a canne mozze per respingere eventuali ritorsioni.



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