Operazione Pozzino su estorsioni e traffico di droga: oltre 40 persone rischiano il processo

L’operazione investigativa, il 22 febbraio 2016, portò all’arresto di sei persone e all’iscrizione nel registro degli indagati di altri trentasei nomi. Le indagini sono partite dal furto di un Fiat Doblò a scopo di estorsione.

Si terrà il prossimo 9 maggio, innanzi al gup Antonia Martalò, l'udienza preliminare relativa all'inchiesta "Pozzino" e oltre 40 imputati rischiano di finire sotto processo. Tra di essi spiccano i nomi di: Roberto Nisi, 65enne di Lecce (al momento detenuto); Andrea Mancarella, 34enne di Lequile; Antonio Vadacca, alias “Antonio ca ca”, 45enne di Monteroni; Luigi Tarantini, detto “Gino”, 68enne di San Pietro in Lama; Biagio Pagano, 34enne di Leverano; Marco Caramuscio, 34enne di Monteroni di Lecce. I sei vennero arrestati il 22 febbraio 2016.
 
Rispondono, a vario titolo è in diversa misura, di: associazione a delinquere, ricettazione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, porto e detenzione di armi comuni da sparo.
  
Il collegio difensivo è composto dagli avvocati: Vito Quarta, Francesco Spagnolo,  Ladislao Massari, Giuseppe Bonsegna, Anna Inguscio, Massimo Bellini, Angelo Vetrugno, Ivan Feola, Antonio Savoia, Roberta Capodieci, Andrea Sambati, Paolo Cantelmo, Dimitry Conte, Andrea Capone, Stefano Pati, Federica Conte, Sandro Matino, Arcangelo Corvaglia, Maurizio Spedicato e Francesco Ciccarese
  
L'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Antonio De Donno, il 22 febbraio 2016 portò all'arresto di sei persone e all'iscrizione nel registro degli indagati di altri trentasei nomi. Le indagini, condotte dai carabinieri  della Compagnia di Gallipoli assieme ai colleghi della tenenza di Copertino, hanno permesso di sgominare un sodalizio criminale finalizzato alle estorsioni, ben trentacinque episodi, ai furti di autovetture, attrezzi e macchine agricole con la restituzione del bene al derubato dietro pagamento di una somma di denaro (il cosiddetto “cavallo di ritorno”),
  
Le indagini sono partite dal furto di un Fiat Dobló, a scopo di estorsione. Ogni pista ha portato a Luigi Tarantini. Da alcune intercettazioni, inoltre, è emerso come egli avesse  rapporti frequenti con Roberto Nisi, già noto alle forze dell'ordine per detenzione reiterata di armi in ingenti quantità per gli appartenenti al suo clan.
 
Molti dei protagonisti dei fatti, poi, si vantavano persino delle loro imprese criminali: Luigi Tarantini, ad esempio, più volte si è 'glorificato' per aver preso parte alla 'Strage della Grottella', aiutando a nasconderne gli autori. Dal ricavato delle estorsioni, ad ogni modo, veniva finanziata l'attività di spaccio di stupefacenti, estesasi fino al punto di arrivare nel nord Salento, tra Trepuzzi e Squinzano.