Operazione ‘Diarchia’: in 14 indagati, ma si avvalgono della facolta’ di non rispondere

In 14 hanno ricevuto all’alba di ieri mattina decreti di fermo. L’udienza di convalida per Tommaso Montedoro, assistito dal legale Mario Coppola, e’ fissata per domani attraverso ‘rogatoria’dal carcere di Vezzano Ligure.

Si è tenuta in mattinata, l'udienza di convalida dei "fermi" relativi all'operazione investigativa "Diarchia". La maggior parte degli indagati si è avvalsa della facoltà di non rispondere .
Solo Damiano Cosimo Autunno, 51enne di Matino,  il 31enne Antonio Andrea Del Genioe  Maurizio Provenzano, 46enne di Lecce hanno rilasciato spontanee dichiarazioni, affermando che le intercettazioni non sono riconducibili a loro. Il gip Alcide Maritati ha comunque convalidato i loro "fermi".
 
L'udienza di convalida per Tommaso Montedoro,assistito dal legale Mario Coppola, è fissata per domani, attraverso "rogatoria" dal carcere di Vezzano  Ligure.
 
Invece, il gip non ha convalidato i fermi per mancanza del "pericolo di fuga", nei confronti di Domiria Lucia Marsano, 40enne di Lecce; Andrea Cecere, 37enne di Nardò difeso dall'avvocato Giuseppe Bonsegna ed  Eros Fasano, 53enne nato in  Svizzera e residente ad Alliste, assistito da Biagio Palamà. Il giudice ha comunque disposto la misura carceraria per la Marsano e gli arresti domiciliari per Cecere e Fasano, in virtù di "gravi indizi di colpevolezza". Inoltre, il gip ha convalidato il fermo per Ivan Caraccio, 30enne di Casarano, che resta comunque detenuto presso il  carcere di Borgo San Nicola. Quest’ultimo,  difeso dal legale Walter Zappatore, è stato arrestato dai Carabinieri pochi giorni fa  per detenzione di sostanze stupefacenti,  al fine di " salvargli la vita". Infatti Caraccio, reo di non aver rispettato la regola fondamentale del silenzio, per il clan Montedoro doveva ‘sparire’. E probabilmente sarebbe stato un caso di lupara bianca se non fossero intervenuti i militari.
 
 All'alba di ieri, 14 persone sono state raggiunte dai decreti di fermo d’indiziato di delitto e sono accusati, a vario titolo, di “Associazione mafiosa”, “tentato omicidio aggravato”, “Associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti”, “Detenzione di Armi”, “Ricettazione”e “Furto Aggravato”.
 
A muovere i fili, Tommaso Montedoro, 41enne di Casarano che da Vezzano Ligure, in provincia di La Spezia dove si trovava ai domiciliari, controllava la sua città. 
 
Il core business del gruppo, come detto, è il traffico di sostanze stupefacenti. Quantità talmente ingenti di cocaina ed eroina che facevano fruttare fino a 750mila euro ogni due/tre giorni. Il gruppo non ‘disdegnava’ le Banche, prendendo di mira gli sportelli che ‘svuotavano’ con la classica tecnica della spaccata.
 
Malgrado la detenzione “sofferta”, Montedoro, dopo la morte di Augustino Potenza ( è considerato il mandante dell'omicidio, ndr),ha conquistato il monopolio sul territorio anche grazie al "suoi uomini".  Spennato, probabilmente doveva fare la stessa fine di Potenza, come dimostrano le modalità con cui è stato architettato il tentato omicidio: un commando formato da 2-3 perone con Kalashnikov e una mitraglietta Sten ha preso di mira l’uomo che ‘miracolosamente’ è riuscito a salvarsi.
 
Fondamentali per smantellare il clan, le intercettazioni ambientali e telefoniche