Operazione ‘Cinemastore’: 18 anni di carcere per il boss Roberto Nisi, ‘capobastone della Scu’

Dura sentenza nel processo celebrato con il rito abbreviato a carico di Roberto Nisi. Il 63enne di Lecce è stato condannato a 18anni di carcere. Concesse dai giudici della prima sezione penale le attenuanti generiche.

Diciotto anni di carcere per il boss Roberto Nisi al termine del procedimento penale scaturito dall'operazione investigativa  "Cinemastore". I  giudici della prima sezione penale (Presidente Gabriele Perna) hanno emesso una dura sentenza di condanna per il 63enne di Lecce. I giudici hanno concesso a Nisi le attenuanti generiche, ritenendole equivalenti all’aggravante della recidiva.
 
Nella scorsa udienza, il sostituto procuratore antimafia Guglielmo Cataldi aveva invocato una pena di 16 anni. Il processo si è celebrato con il rito abbreviato, dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale che ha accolto il ricorso del difensore di Nisi, l'avvocato Ladislao Massari. Il legale aveva chiesto nell'ambito della discussione in aula, che venisse applicato il vincolo della continuazione con precedenti sentenze inerenti a fatti di droga ed estorsione, risalenti al periodo compreso tra il 1993 ed il 1998 ( istanza respinta dai giudici).  L'accusa, all'inizio del processo, aveva richiesto di estendere il reato di associaIone mafiosa a carico di Nisi, all'arco temporale compreso tra il 2010 ed il 2013.

Il culmine dell'operazione investigativa  "Cinemastore" risale al gennaio 2012. L'inchiesta condotta dal procuratore capo Cataldo Motta e dal sostituto Guglielmo Cataldi ha documentato il processo di espansione dei clan della Scu, operante a Lecce e in alcune zone del brindisino e legati alla figura di Pasquale Briganti e dei fratelli Roberto e Giuseppe Nisi.

L’operazione "Cinemastore" è giunta a conclusione dopo tre anni d’indagini. Vennero eseguite ben 41 ordinanze di custodie cautelare in carcere (62 le persone indagate complessivamente). Le accuse a vario titolo ed in diversa misura, erano di: associazione per delinquere di stampo mafioso, finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, gioco d’azzardo, tentata rapina, tentata estorsione, riciclaggio e detenzione di arma comune da sparo. Tra le attività illecite della Scu venute alla luce, la riscossione del “punto”, (la tangente sul commercio della droga) operato da soggetti non inseriti nell’organizzazione, ma di fatto assoggettati al pagamento della tassa nei confronti di chi aveva il controllo del territorio.
 
L’attività investigativa è iniziata dopo l’omicidio di Antonio Giannone avvenuto la sera del 6 aprile del 2009 e il successivo attentato compiuto ai danni della videoteca Cinemastore pochi giorni dopo. Infatti, il 19 aprile, venne piazzata una bomba contro l'esercizio commerciale di via Mincio, nell'ambito di una ritorsione ai danni dell'ex sicario della Scu e collaboratore di giustizia Giampaolo Monaco.
 
Fondamentali, al fine del buon esito delle indagini, le intercettazioni telefoniche e ambientali e le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Un ruolo importante nell'organizzazione lo avevano le donne, capaci di fungere da referenti esterni durante la reclusione dei mariti, come nel caso di Carmela Merlo (moglie di Roberto Nisi) e di Simona Sallustio. 
 
Risale invece al novembre del 2014, il blitz scaturito dall'operazione Reset, quando vennero arrestate quattro persone: Salvatore Notarnicola, 32enne di Torchiarolo (ma domiciliato a Lecce); Davide Vadacca, leccese 31enne, Luca D’Attis, 34enne di Lecce e Alessio Bellanova, 28enne, anch’egli di Lecce, sebbene originario di Campi Salentina. I quattro sono ritenuti dagli inquirenti in odore di Scu e, in particolare, della frangia facente capo a Roberto Nisi del quale avrebbero favorito la latitanza dal 24 gennaio al 12 maggio del 2012, giorno del suo arresto, avvenuto presso lo scalo ferroviario Roma Termini.

Dunque, secondo l'ipotesi accusatoria sostenuta nel processo a carico di Nisi, l'uomo avrebbe continuato a rivestire il ruolo di capobastone della Scu. 



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