Chiusa l’inchiesta su presunta truffa ai danni di una senegalese: indagato l’avvocato Francesco D’Agata

Nell’avviso compare anche il nome di un altro avvocato che risponde soltanto dell’accusa di indebito utilizzo di carta prepagata. Per il reato di concorso in ‘infedele patrocinio’ e truffa aggravata sono, invece, indagati altri due avvocati.

La Procura leccese chiude l’inchiesta sulla presunta truffa ai danni di una donna senegalese, corredata da una falsa sentenza. Indagato, anzitutto, l’avvocato Francesco D’Agata arrestato il 12 ottobre scorso. Il 39enne leccese è figlio di Giovanni D’Agata, presidente dello ‘Sportello dei Diritti’, di cui anche lui era un importante referente. Francesco D’Agata, sospeso per un anno dall’attività forense, risponde delle accuse di truffa aggravata e continuata, falso in atto pubblico e patrocinio infedele aggravato, auto-riciclaggio. Il legale leccese si trova attualmente ai domiciliari, ma il Riesame ha accolto il ricorso del pm che chiedeva il suo ritorno in carcere. Il provvedimento è al momento sospeso e si attende il ricorso in Cassazione dei suoi legali, gli avvocati Luigi e Roberto Rella.

L’inchiesta è stata coordinata dall’ex procuratore capo Cataldo Motta e dal sostituto procuratore Massimiliano Carducci, che ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini. Non è stato facile ricostruire il sistema architettato, di cui D’Agata sarebbe stato il deus ex machina, ma quando i tasselli del puzzle sono stati messi al giusto posto, il quadro è stato chiaro per gli uomini delle fiamme gialle coordinati dal colonnello Francesco Mazzotta.

La donna senegalese aveva subito un gravissimo incidente stradale in cui era rimasta sfigurata e si era rivolta a D’Agata per ottenere un risarcimento forte della sua notorietà in difesa dei diritti dei più deboli. E il risarcimento, in effetti, l’avvocato lo aveva ottenuto: più di 600mila euro dal Fondo Vittime della Strada. Di tutti quei soldi, la signora ne ha visti  solo una parte. Il legale, infatti, falsificando una sentenza del Tribunale di Trieste, competente a liquidare il risarcimento, aveva convinto la senegalese di aver ottenuto “appena” 300mila euro, di cui l’avvocato ne avrebbe trattenuti circa140mila, liquidando alla donna di fatto 160mila euro. Gli altri – transitati su un conto intestato alla straniera –  D’Agata li avrebbe utilizzati sia per sfizi personali come l’abbonamento in uno stabilimento balneare, ma anche per pagare gli stipendi dei suoi collaboratori.

Nell’avviso compare anche il nome di un altro avvocato che risponde soltanto dell’accusa di indebito utilizzo di carta prepagata e ricettazione, poiché avrebbe, secondo l’accusa, effettuato alcuni prelievi “sostituendosi” alla signora senegalese. È assistito dagli avvocati Giancarlo Dei Lazzaretti ed Alberto Russi che hanno ottenuto nelle scorse ore, la scarcerazione del proprio assistito.

L’inchiesta sarebbe nata da un IBAN “sospetto” su cui una donna originaria di Torino che aveva fatto ricorso in Cassazione in realtà mai depositato aveva versato 4mila euro (era intestato alla signora senegalese, vittima inconsapevole della maxi-truffa organizzata da D’Agata). In merito a questo episodio, sono indagati per concorso in ‘infedele patrocinio” e “truffa aggravata” anche altri due avvocati. La loro posizione risulta ad ogni modo marginale e potrebbe essere successivamente archiviata dagli inquirenti.

Adesso, tutti gli indagati hanno venti giorni a disposizione per essere interrogati in Procura o depositare memorie difensive, attraverso i propri legali.



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