​Omicidio Casarano e agguato Copertino collegati? Giancane finanziò la latitanza di Potenza

Dalle carte dell’inchiesta, emerse che Roberto Giancane faceva parte di un’associazione dedita allo spaccio di stupefacenti nel Basso Salento, il cui fine ultimo era finanziare le latitanze di Augustino Potenza e del boss Tommaso Montedoro

Roberto Giancane, detto "Nocciolina", avrebbe finanziato la latitanza di Augustino Potenza dopo che era sfuggito, nel luglio del 2005, a un blitz antimafia. Il 42enne di Casarano, il 24 ottobre del 2006, fu catturato dai carabinieri nelle campagne fra Matino ed Alezio dopo quasi un anno e mezzo trascorso da "uccel di bosco". Potenza si trovava a bordo di una moto e aveva appena ricevuto circa 130 mila euro in contanti da due persone, dopo la consegna di due chili di cocaina.
  
Dalle carte dell'inchiesta emerse che Roberto Giancane faceva parte di un'associazione dedita allo spaccio di stupefacenti nel Basso Salento, il cui fine ultimo era finanziare le latitanze di Augustino Potenza e del boss Tommaso Montedoro. Il 43enne monteronese, a termine del processo, fu condannato a sette anni di reclusione.
  
Potenza, invece, fu indicato tra i responsabili dell'omicidio dei coniugi Fernando D'Aquino e Barbara Toma, freddati nel marzo del 1998 presso una masseria di Collepasso; non soltanto,  anche di Cosimo e Fabrizio Toma, rispettivamente padre e figlio, uccisi nel maggio del 2000. Il casaranese, per questi gravi episodi di sangue, rispondeva dei reati di associazione mafiosa, omicidio e tentato omicidio ed era ritenuto "al soldo" del clan Di Emidio. Furono proprio le dichiarazioni del boss detto "Bullone", divenuto collaboratore di giustizia, a "inguaiare" Potenza. 
  
Il 42enne di Casarano fu sottoposto a processo penale e condannato all'ergastolo. Il verdetto fu confermato in Appello. Nel 2014, però, si verificò un colpo di scena, poiché la Corte di Cassazione annullò le precedenti sentenze. Gli "ermellini" stabilirono che un nuovo processo fosse celebrato a Taranto. Intanto, Potenza, assistito dall'avvocato Luigi Covella, ottenne la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia. A luglio del 2014, la Corte d’Assise d’Appello del capoluogo  ionico,  assolse Potenza per il duplice omicidio, cosicché la sentenza divenne definitiva.
  
Adesso le indagini sull'omicidio di Casarano scavano sul passato criminale del 42enne e inevitabilmente si incrociano anche con i trascorsi di Giancane.  Potrebbero essersi verificati degli "sgarri" nei confronti di pezzi da novanta della malavita organizzata che andavano vendicati con il sangue. Non solo, poiché i due, nonostante si fossero in qualche modo rifatti una vita (almeno in apparenza), potrebbero aver continuato a coltivare affari illeciti ed amicizie pericolose. Dunque, soprattutto le nuove leve della malavita organizzata li avrebbero individuati come ostacoli da eliminare o spaventare, per avere la strada spianata? Inoltre, nel corso delle indagini sarebbe venuto a galla un litigio di Potenza a pochi giorni di distanza dall'omicidio con un esponente criminale.
  
Una certezza ad ogni modo, gli inquirenti c'è l'hanno. L'area di Casarano che già in passato è stata terreno fertile per gli affari illeciti e oggetto di un feroce controllo del territorio si sta risvegliando in tutta la sua recrudescenza. Come sottolineato nei giorni scorsi dal procuratore capo Cataldo Motta, "la pax mafiosa è stata violata" e non sono da escludere nuove faide ed episodi di sangue.
Un altro episodio eclatante si verificò  la notte tra il 5 e 6 settembre scorso, durante la quale, quattro colpi di pistola vennero sparati contro l'abitazione di Luciano Polimeno, legato al clan Tornese di Monteroni.



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