​’I soldi servivano per comprarci la droga’: i tre leccesi arrestati confessano davanti al giudice

Si sono svolti gli interrogatori di garanzia dei tre leccesi arrestati ieri nell’operazione ‘Leonardo’. Hanno confessato di essere gli autori degli attentati incendiari e che i soldi delle ‘estorsioni’ servivano a comprare la droga.

sentenza-giudice

Ammettono di essere gli autori degli attentati incendiari messi in atto per estorcere denaro. Aggiungono anche che quei soldi servivano per comprare la droga, essendo tossicodipendenti.
   
Innanzi al gip Giovanni Gallo si sono svolti gli interrogatori di garanzia dei tre indagati, finiti in manette nell'operazione investigativa "Leonardo": Massimiliano Elia, 41enne considerato il “mandante” e gli esecutori il 36enne Andrea Bisconti, detto Cinese o Cina e Andrea Podo, detto  “Puzzune”,  22enne, tutti leccesi e volti già noti alle forze dell’ordine. L’accusa è danneggiamento, incendio e tentata estorsione aggravata in concorso. Sono assistiti, tra gli altri, dagli avvocati Giuseppe De Luca e Pantaleo Cannoletta.
  
Mettere insieme tutti i pezzi del puzzle non è stato facile: da un lato, c’erano le immagini delle telecamere di videosorveglianza che avevano fornito indizi ‘preziosi’ per risalire all’identità degli autori dei misteriosi incendi, dall’altro c’era il racconto di un testimone che aveva visto uno dei due giovani poi scappati a bordo di uno scooter salire sul bagno chimico, versare il liquido infiammabile e dargli fuoco.
  
L’intento degli attentati incendiari era quello di estorcere denaro. 50mila euro: tanto è stato chiesto al titolare di una ditta, dopo che era stato completamente bruciato il bagno chimico. In questo caso, i malviventi si erano spinti anche oltre facendo recapitare presso la sede della ditta una busta contenente tre proiettili calibro 9×21.
  
I tre arrestati sono considerati responsabili almeno di altri due casi: il rinvenimento di due bottiglie ‘sospette’ all’interno di un centro polivalente in costruzione e l’attentato ai danni di una tabaccheria. Inoltre, gli investigatori hanno intercettato numerose conversazioni telefoniche tra gli indagati. Nel corso delle perquisizioni è stato rinvenuto anche lo scooter Leonardo (da cui, il nome dell'inchiesta ) nascosto all’interno di un garage.



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