La didattica musicale inclusiva del metodo Abreu: giornata di studio all’Università del Salento

La musica vista non più come sistema elitario, ma un vero e proprio strumento di recupero per ragazzi disagiati. Una giornata di studio sul ‘metodo Abreu’, presso l’aula ‘Ferrari’ dell’Unisalento, intitolata ‘Per una didattica musicale inclusiva’.

Forse non tutti conoscono José Antonio Abreu e la sua innovativa opera didattica. Una “didattica musicale inclusiva”. Titolo, peraltro, della giornata di studio dedica interamente al personaggio sudamericano avvenuta stamattina presso l’Università del Salento. Nell’aula “Ferrari” del palazzo “Codacci-Pisanelli” si è dunque parlato di un musicista e attivista politico venezuelano nato nel 1939, ma dalle origini italiane. Il nonno, infatti, era direttore d’orchestra. Diventerà più avanti deputato nel paese sudamericano e, successivamente, Ministro della Cultura. A spiegarne meglio la storia ci ha pensato Salvatore Colazzo, docente di Pedagogia Sperimentale  dell’Ateneo Salentino. “Nel ’75 nasce il sistema Abreu, ovvero un metodo alternativo di immaginare l’educazione e l’istruzione musicale. Alla base, un ragionamento: un grande progetto culturale e sociale che trova nella musica il tentativo di recupero degli adolescenti, dei bambini e dei giovani (dai 3 anni fino all’età adulta)”. I Conservatori dell’epoca, in Venezuela, erano espressione di una emulazione dell’Europa, rispondendo poco alle autoctone esigenze locali. Formano pochi musicisti e per giunta dagli scarsi sbocchi professionali. “Invece Abreu – prosegue il professore Colazzo – fonda delle orchestre a livello statale, facendo divenire la musica strumento di inclusione sociale. Una grande intuizione politica successivamente rivelatasi vincente, ma anche il rifiuto di un approccio elitario alla materia”. Insomma, un’occasione di riscatto: sottrarre alla delinquenza i ragazzi per dare loro, attraverso l’approccio allo strumento, una alternativa.

Dopodiché, ci fu il tentativo di emulazione di questo sistema in altri paesi, tra cui l’Italia grazie a Claudio Abbado, reo d’aver profuso un impegno concreto affinché venisse adattato alla situazione del nostro paese. Si trattava di consolidarne lo spirito, trapiantandolo in un’altra condizione socio-culturale. Certamente, secondo Abbado i Conservatori italiani avrebbero bisogno di una nuova forza vitalizzante. È molto improbabile che nasca dall’interno. Forse, uno choc dall’esterno sarebbe utile per indurre una presa di consapevolezza. Un modo nuovo di avvicinarsi alla musica, nel profondo rinnovamento della didattica. La realtà che pullula fuori dai Conservatori vive di energia intrinseca che non viene alimentata solo dai conservatori stessi. Ci sono tanti giovani, del resto, che fanno musica senza passare dal sistema di istruzione convenzionale. Avranno imparato seguendo metodi diversi. “Anche in Italia, oggigiorno – conclude – esistono delle emergenze sociali, che però potrebbero trovare nella musica un alleviamento. Bisogna partire dal basso, aggregando le realtà attorno ad un progetto, creando processi che nel tempo possano introdurre il cambiamento”.

Funge da esempio lampante il lavoro degli studenti dell’Istituto “Don Tonino Bello” di Tricase-Alessano, la cui dirigente scolastica, Anna Lena Manca, era presente nelle vesti di relatore del seminario. Un bel progetto che, oltretutto, venne presentato pure in una conferenza stampa tenutasi presso la Provincia di Lecce. Addirittura, in un’occasione particolare, la Street Band formatasi proprio grazie al metodo Abreu animò le strade di Tricase, portando freschezza e, soprattutto, cultura musicale in città. Oltre alla preside salentina, c’erano anche, tra gli altri, Andrea Gargiulo, direttore artistico dell’Associazione “MusicainGioco” Onlus di Bari e docente del Conservatorio di Musica “N. Piccinni” del capoluogo pugliese; Piergiuseppe Ellerani, professore di Pedagogia Sociale dell’UniSalento; Roberto Maragliano, docente di Didattica presso l’Università Roma Tre. 



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