Innovazione e multifunzionalità, l’evoluzione della ruralità

Nell’editoriale del presidente di Copagri Lecce Fabio Ingrosso e della ricercatrice Alessandra Miccoli un focus sui mutamenti dello scenario rurale, in cui ampio risalto è attribuibile a Innovazione e Multifunzionalità.

Da almeno un decennio è in corso un’evoluzione epocale in agricoltura, un cambiamento che per varie ragioni porta con sé, indissolubilmente legata, una radicale metamorfosi del paesaggio agrario italiano, pugliese e  salentino. Il fenomeno, nella sua profonda complessità, richiama spesso un Leitmotiv: l’INNOVAZIONE.

Un’Innovazione da più parti sollecitata e proposta, specie da quando la crisi finanziaria ha scatenato, amplificandola esponenzialmente, la spasmodica corsa globale alla “crescita”, traguardo prioritario in economia come nel quotidiano.

A conferma di tale tendenza, è chiaro come, ad esempio, la strategia “Europa 2020”, individua nella necessità di “superare la crisi” una delle priorità di breve termine e nella crescita “intelligente” la via da percorrere; i mezzi per la crescita/sviluppo diventano: competitività e ruolo della conoscenza, “sostenibilità” e “inclusività”. L’innovazione, nella sua interazione con tecnologia e con modelli organizzativi e sistemi istituzionali, riveste un ruolo primario. Dunque, sempre Innovazione: teorizzata, santificata, rincorsa; raramente creata, spesso incompresa.

Un pullulare di enunciazioni di principio o postulati circa l’imprescindibilità dell’innovazione, anche e soprattutto in ambito rurale; eppure, nella realtà italiana il sistema agricolo – ivi incluse le politiche a favore dell’innovazione – vede la persistenza di un certo immotismo,  con evidenti criticità. Volendo citare una situazione-tipo, tra i principali problemi delle aziende agricole va annoverata la dispersione della domanda di innovazione, spesso frammentaria e minimamente raccordata all’offerta. Il problema della frammentazione non è prerogativa esclusiva della produzione agricola, ma si avverte anche negli enti che producono e diffondono l’innovazione stessa: centri di ricerca e di trasferimento presentano spesso dimensioni insufficienti, se confrontate con le realtà più organizzate presenti in altri Paesi europei, per cui si vedono costretti ad operare disperdendo le scarse dotazioni finanziarie nel mantenimento di strutture poco efficienti piuttosto che nella realizzazione di progetti per lo più estranei alla modalità networking. Per soddisfare le esigenze di un’innovazione sempre più orientata alla domanda del mercato, i progetti di cooperazione tra ricerca e impresa dovrebbero essere impostati in modo da integrare e coordinare ogni forma di intervento, combinando le attività di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico con coerenti iniziative di formazione professionale e consulenza, laddove gli interventi risultino effettuati da adeguate professionalità.

I risultati di un tale insieme di cambiamenti saranno tanto più positivi quanto più gli attori del sistema saranno in grado di cogliere le opportunità offerte dall’interazione tra mondo produttivo e comunità scientifica, eliminando – per quanto possibile – la maggior parte di quei difetti di comunicazione che hanno generato tanta confusione, specie nei piccoli produttori. La risoluzione delle difficoltà insite nell’individuare i bisogni di innovazione, nel valorizzarne i risultati sul piano economico e nell’appropriarsi dei relativi benefici, andrà ben distinta dall’avallare e incentivare comportamenti opportunistici da parte di imprese, centri di ricerca ed enti intermediari. Ciò eviterebbe di trasformare la cooperazione, la consulenza e le altre misure di supporto all’innovazione in mere opportunità di acquisizione di finanziamenti pubblici.

Il settore primario, pur essendo uno dei punti di forza dell’economia nazionale e locale, ad oggi, risente di una debolezza strutturale, da cui si evince la necessità di interventi specifici e coerentemente programmati, a seguito dei quali identificare con rigore le priorità relative agli ambiti tecnologici di intervento. Direttamente collegati a tale situazione ci sono, inoltre, uno scarso livello di consapevolezza del ruolo e dei fattori d’innesco dei processi innovativi e l’insufficiente capacità di interazione con il mondo dell’informazione, oltre che con i consumatori.

In questa sede poco giova guardare in retrospettiva per valutare il grado di efficacia dei servizi di consulenza, divulgazione e formazione, limitato anche a causa della scarsa partecipazione degli agricoltori alla gestione e, soprattutto, al pagamento diretto: tuttavia va ricordato che hanno giocato il loro ruolo molti dei servizi organizzati dal settore pubblico così come l’assistenza tecnica privata (pressoché completamente incorporata nella vendita dei mezzi tecnici).

Preme invece porre in evidenza il fatto che attori dello sviluppo in agricoltura saranno i giovani: soggetti emergenti in grado di definire e attuare modelli e pratiche di matrice innovativa.

Fortunatamente un numero sempre crescente di giovani imprenditori agricoli accetta la sfida del cambiamento, associandovi la sostenibilità: le intrinseche radici culturali del settore hanno incontrato l’innovazione tecnologica e ne è emerso un processo insediativo rinnovato, volto a incentivare la sostenibilità delle produzioni e a superare limiti “radicalizzati” attraverso la riscoperta e la messa a sistema della tipicità delle nicchie territoriali, alla base dell’eccellenza rurale italiana, pugliese e salentina.

Numerosi i giovani impegnati nelle campagne italiane; molti di loro ereditano e conducono le attività di famiglia, altrettanti sono startupper. Giovani che si trovano alla guida di quella che è una vera e propria rivoluzione culturale, oltre che colturale.

L’amministrazione pubblica dovrebbe concentrare gli interventi verso la domanda, in modo da stimolare propositivamente il mercato dei servizi privati di supporto all’innovazione e sviluppare un’offerta specifica per le imprese innovatrici (o aspiranti tali), da privilegiare rispetto a quelle inerti.

In tal senso va accolta con estremo interesse l’attivazione del portale informatico regionale per la presentazione delle domande di sostegno previste nel Pacchetto Giovani del PSR Puglia 2014-2020: da martedì 18 luglio sarà possibile attivare le procedure necessarie per l’accesso al sostegno per il primo insediamento in agricoltura, con un occhio di riguardo anche per le tipologie di attività definite extra-agricole. Si tratta di un’opportunità alla quale i giovani pugliesi dovrebbero guardare con estremo interesse per una serie di ragioni, al di là della disponibilità di risorse.

In effetti, se davvero si intende attuare innovazione, non si può prescindere dal ruolo degli innovatori per eccellenza: i giovani delle generazioni 2.0, quelli inclini ad una vision smart oriented sebbene saldamente ancorati al background culturale dei loro avi.

In uno scenario complesso e in transizione come quello entro cui oggi operiamo, l’agricoltura ha bisogno di essere rilanciata, di presentarsi in una veste più adeguata ai tempi e con strumenti rispondenti alle esigenze di società strutturalmente evolutesi.

La crisi in atto ha prodotto, innegabilmente, la voglia di riappropriarsi della dimensione rurale, in accezione molto più ampia rispetto a quella tradizionale. Inoltre, va considerato con la dovuta attenzione l’apporto reso dall’introduzione del concetto di multifunzionalità in agricoltura, oramai ampiamente condiviso e testimoniato in Europa anche dall’evoluzione che la politica agricola comunitaria ha subito negli ultimi decenni. La definizione classica di multifunzionalità evidenzia la capacità dell’agricoltura di produrre congiuntamente beni primari e beni e servizi secondari, che solo in parte vengono remunerati dal mercato.

Il passaggio dal contesto settoriale al modello aziendale è insito nelle strategie volte a diversificare le attività d’impresa attraverso una riallocazione dei fattori produttivi dalla produzione agricola in senso stretto a favore di altre funzioni che connettono l’agricoltura a nuovi ambiti in grado di generare redditi aggiuntivi: qualità degli alimenti, paesaggio rurale, biodiversità, tipicità, inclusione sociale, (per citarne alcuni). Le modalità e l’intensità con cui tali funzioni si combinano tra loro sono diverse e definiscono un rapporto di multifunzionalità (debole, moderata e forte).

In particolare, nelle imprese agricole multifunzionali forti il processo di trasformazione culturale è presupposto alla riorganizzazione intra-aziendale e rende consapevoli non sole le scelte di diversificazione economica, ma anche il contributo ambientale di tali scelte, la valorizzazione delle risorse locali, la cura delle relazioni con le comunità locali, le istituzioni e gli altri interlocutori che, direttamente o indirettamente, contribuiscono al successo dell’impresa stessa. La multifunzionalità diviene strumento per produrre sviluppo sostenibile e armonico, specie nelle aree rurali caratterizzate da un elevato livello di arretratezza. Si giungerebbe, in tal modo, alla produzione di beni e servizi in parte remunerati dal mercato, in parte contraddistinti da caratteristiche di esternalità altamente positive (produzione di benefici per il territorio).

Tutto riconduce alla necessità di praticare concretamente innovazione: oggi ciò è possibile!

La società è pronta ad accogliere e riconoscere con nuova sensibilità il ruolo dell’agricoltore, richiamato a un rinnovato senso di responsabilità (anche sociale) e bisognoso di politiche e strategie di settore efficaci.

Fabio Ingrosso
Presidente Copagri Lecce

Alessandra Miccoli
Rural Innovation Social Topics/Open Research Community



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